venerdì 12 ottobre 2012

FUORI CLASSE



20 anni di arte italiana nei corsi di Alberto Garuttia cura di Luca CerizzaMilanoGAM Galleria d’Arte Moderna
6 ottobre 2012 – 9 dicembre 2012

mercoledì 13 giugno 2012


GIOTTO
Alessandro Ceresoli - A12

18 giugno 2012, dalle ore 17.00 alle 20.00
Piazza Oberdan, Milano


Lunedì 18 giugno 2012 dalle 17.00 alle 20.00 Peep-Hole presenta in Piazza Oberdan a Milano Giotto, un gioco collettivo all’aperto, una performance ideata da Alessandro Ceresoli e A12.


Realizzato per la prima volta nel 2010 nelle strade di Città del Messico, Giotto prevede la partecipazione dei passanti a una gara di “disegno dettato”. I giocatori pescano a turno da un mazzo una carta sulla quale è riprodotto un disegno che devono descrivere agli altri giocatori. Questi ultimi disegnano ciò che viene loro descritto sulla strada, con gessetti bianchi o colorati. Quando tutti hanno finito, la carta viene svelata e viene votato il disegno che più si avvicina all'originale.


Piazza Oberdan diventerà il terreno di gioco temporaneo di Giotto, attivando l’attenzione e il coinvolgimento degli abitanti del quartiere dove Peep-Hole è attivo ormai da tre anni. Nel corso della serata, la piazza sarà progressivamente coperta dai disegni realizzati dai giocatori, andando a costituire un unico grande intervento artistico, ad un tempo collettivo ed effimero.

“Giotto è un gioco povero come quelli con cui si divertivano i nostri padri e i nostri nonni, è un gioco di strada come quelli che si facevano usando noccioli di frutta, sassi, tappi di bottiglia e molta fantasia, è un gioco di gruppo per indovinare disegnando e per interpretare con l'immaginazione. Giotto si gioca per strada usando dei gessetti e un mazzo di carte che chiunque può preparare anche da sé. Giotto aggrega le persone, diverte e attraverso i disegni fatti sui marciapiedi, nelle piazze o sulle strade, lascia una traccia che non inquina, destinata a sparire in pochi giorni.” (A. Ceresoli – A12).




http://youtu.be/GdEYxdiOtlI

lunedì 17 gennaio 2011

RITORNO AL FUTURO - Francesca Minini Gallery



Il progetto di Alessandro Ceresoli presentato presso la galleria Francesca Minini, per la sua seconda mostra, nasce da un lungo soggiorno ad Asmara in Eritrea che gli ha permesso di vivere a fondo questa esperienza e di entrare in contatto con la storia di questo Paese. La realizzazione della mostra ha richiesto due anni di lavoro, il primo anno dedicato all'ideazione, permanenza e realizzazione dei pezzi esposti, il secondo anno, dedicato alla difficile esportazione dei pezzi prodotti con gli artigiani di Asmara. Infatti, a causa di una politica autarchica e totalitaria del governo eritreo, le esportazioni e le importazioni sono molto limitate ed estremamente controllate. L’artista con questo processo di ideazione, realizzazione ed esportazione di un prodotto, ha realizzato in qualche modo un’apertura, una breccia nel sistema.




In mostra disegni e sculture prodotte nei sei mesi trascorsi in questa realtà geograficamente lontana, ma culturalmente legata a quella italiana, in un processo di riscoperta di una parte di storia dimenticata. L’Eritrea è stata una colonia italiana dal 1880 al 1947, anno del Trattato di Pace in seguito al quale l’Italia dovette rinunciare ai suoi possedimenti territoriali. Le tracce del periodo coloniale italiano sul territorio eritreo sono ancora molto evidenti.

I soggetti dei nuovi disegni sono immagini inventate che nascono da un’esperienza e mantengono una dimensione di incompiutezza. Alessandro Ceresoli aggiunge un livello totalmente inedito rispetto ai suoi primi lavori, quello testuale. Le opere non rappresentano solo l’immaginario dell’artista, ma raccontano la storia di una parte di quelli che sono stati i territori d’oltremare dell’Italia.





In questi disegni la storia diventa valore aggiunto, i suoi lavori ci accompagnano in un viaggio di riscoperta del nostro patrimonio storico, ripercorrendo l’intreccio degli eventi del periodo coloniale. 
L’artista mette in luce come la protagonista principale di questi avvenimenti sia la popolazione locale. La lotta italiana per avere l'Africa Orientale tra le sue colonie è stata un’impresa spropositata che ha portato sul territorio dello stato africano conseguenze tangibili attorno alle quali si è sviluppata la loro società. Dopo l'illusorio entusiasmo del periodo coloniale italiano, i cittadini eritrei hanno iniziato un percorso autonomo che attraverso trenta anni di guerre, ha portato all’indipendenza dall’Etiopia, ottenuta circa diciannove anni fa.





Gli oggetti in vetro sono il frutto di una collaborazione concreta tra l'artista e una vetreria di Asmara. Grazie a questa esperienza Alessandro Ceresoli si è avvicinato ulteriormente alla comunità e ai ritmi della città, assaporandone a fondo l’atmosfera. L’ispirazione per questi lavori in vetro e specchio nasce dall’osservazione e lo studio dell’architettura modernista italiana del periodo coloniale presente nella capitale, in particolare la stazione di servizio “Fiat Tagliero” del 1938, progettata dall’architetto futurista Giuseppe Pettazzi.











 









The project that Alessandro Ceresoli is presenting in the gallery for his second exhibition with Francesca Minini is the fruit of a long stay in Asmara in Eritrea that gave him the opportunity to live the experience in depth and to get into contact with the history of this country. The realization of the exhibition took two years of work, the first dedicated to the conception, permanence and creation of the pieces exhibited, the second year to the problematic exportation of the pieces produced with the artisans of Asmara. Due to the autocratic and totalitarian policies of the Eritrean government, exportation and importation are in fact very limited and extremely controlled. So with this process of conceiving, realizing and exporting a product, the artist has in a certain sense achieved an opening, a breach in the system.
On display are drawings and sculptures produced in the six months spent in this reality geographically far, yet culturally close to Italy, in a process of rediscovery of a part of forgotten history. Eritrea was an Italian colony from 1880 to 1947, the year of the Peace Treaty after which Italy had to renounce its territorial possessions. The traces of the Italian colonial period on the Eritrean land are still very evident.
The subjects of the new drawings are invented images that are born from an experience and maintain a dimension of incompleteness. Alessandro Ceresoli reached a totally new level in respect to his first works, that of textuality. The works do not only represent the artist's imaginative world, but tell the story of part of what were Italy's overseas territories.
In this pictures history becomes an added value, his works accompany us on a journey of rediscovery of our historical patrimony, retracing the weaving of events from the colonial period. The artist highlights how the main protagonist of these occurrences is the local population. The Italian struggle to have Eastern Africa among its colonies was an ruinous undertaking that brought tangible consequences to the territory of the African state around which their society developed. After the illusory enthusiasm of the Italian colonial period, the Eritrean citizens began an autonomous path that through thirty years of wars, led to independence from Ethiopia, obtained some 19 years ago.
The objects in glass are the fruit of a real collaboration between the artist and a glassworks of Asmara. Thanks to this experience Alessandro Ceresoli got closer to the community and rhythms of the city, getting a deep feel for the atmosphere. The inspiration for these works in glass and mirror is born from the observation and study of the Italian modernist architecture from the colonial period that is present in the capital, in particular the "Fiat Tagliero" service station of 1938, planned by the futurist architect Giuseppe Pettazzi.



http://artforum.com/picks/section=it_ch#picks27643






lunedì 20 dicembre 2010

GIOTTO MEXICO DF







Giotto es un juego de pocos recursos, como aquellos que jugaban nuestros padres y abuelos, un juego callejero como aquellos en los que se usaban semillas de chabacano, semillas, piedritas, tapas de refresco o tejas. Es un juego de grupo para adivinar dibujando y para interpretar con la imaginación. Giotto se juega en la calle, usando gis y un mazo de cartas que cualquiera puede organizar a su gusto. Giotto reúne a las personas, que se divierten haciendo dibujos sobre la banqueta, en la esquina, sin ensuciarla, pues estarán destinados a desaparecer en pocos días. Giotto es un juego inventado por Alessandro Ceresoli y el grupo A12.

Alessandro Ceresoli (1975, Romano di Lombardia) está interesado en el acto creativo y en cómo esta investigación involucra al sujeto y a su subjetividad. El dibujo se encuentran al centro de su investigación, a su alrededor desarrolla proyectos de diferentes fomas y naturalezas. En sus obras sobre papel hay un aspecto alegórico sobre la conciencia del proceso, un flujo de signos que acarrea un sentido del mundo y de la realidad. El exceso de formas y signos son similares a la estratificación de la información, de las imágenes y los pensamientos, a la cobertura monocromática de un potencial comparable a lo volátil, a una superficie inestable.La obra de Ceresoli no muestra un modo visual que muestre de manera inmediata una connotación reconocible. Su obra es el resultado de una investigación, unproceso evocador y obsesivo, que es el resultado de un esfuerzo enorme. El aspecto interesante de su obra es la manera en que el proceso es presentado, la labor detrás no debe ser legible inmediatamente. Al final, para respetar una consistencia conceptual medianamente justa, descubrimos una frescura que es el resultado del uso de diferentes técnicas y medios.

A12 Associati es un despacho de arquitectos que han trabajado en el arte y en la arquitectura a nivel internacional por al menos 20 años, trabajando a diferentes escalas en el diseño arquitectónico, en el diseño de exposiciones, en proyectos urbanos, instalaciones, diseño gráfico, y promoviendo diversas actividades de investigación y proyectos culturales. A12 ha sido invitado a participar en varias exhibiciones y bienales, en lugares como: Barbican Art Gallery en Londres, en la Bienal de Atenas, en la Bienal de Bejing, en la Bienal de Busan en South Korea, la Bienal de Estambul, en la Bienal de São Paulo,en la Bienal de Shanghai, en la Bienal de Vanecia, CCA de Kitakyushu en Japón, Cittadellarte Fondazione Pistoletto en Biella, en el Kröller Müller Museum in Otterlo, en el MAMCO de Ginebra,en el MAXXI en Roma, el MNAC de Bucharest, en el Musée d’Art Moderne de la Ville in Paris, en el PS1 de Nueva York, en el Santa Monica Museum of Art en California, en la Triennale de Milán, en Villa Manin en Passariano di Codroipo, en el ZKM de Karlsruhe. A12 también desarrolla actividades educativas y didácticas en instituciones como el Politecnico de Milán, en la Domus Academy y en Naba en Milán. Desde 2004, los miembros actuales del grupo A12 trabajan bajo el nombre de A12 Associati, establecidos en Milán. Los miembros de A12 Associati son: Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari y Massimiliano Marchica.
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Giotto is a low budget game, like those played by our parents and grandparents, it's a street game like those played with small stones, apricot seeds, bottle caps or small silly things. It's a group game to guess and wonder while making drawings, to interpret with imagination. Giotto is to be played in the street, using a piece of chalk and a deck of cards that everybody can arrange at one's will. Giotto gets people together, to enjoy making drawings over the sidewalk, in the corner, making no damage, because the drawings' fate is to disappear in a few days. Giotto is a game invented by Alessandro Ceresoli & the group A12.

Alessandro Ceresoli (1975, Romano di Lombardia) is interested in the creative act and how this investigation involves the subject and its individuality, The drawings are the core of his research, around those he develop projects of different forms and different nature. In his works on paper there is an allegorical aspect to the conscience of a process, a flow of signs that brings a sense of the world and of the reality. The excess of forms and signs are similar to a stratification of information, of images and thoughts, the aspire to a monochrome cover them of a potential comparable to a volatile and unstable surface. Ceresoli' s works doesn't show a style visually immediate that connotes them and makes them recognizable. His work is the result of a research, an haunting and obsessive process, behind the conception and production of any object is hidden a process that can be the result of a great effort. The interesting aspect of his work, is the way in which the process is presented, the hard work behind it isn't immediately readable. In the end, to respect a fairly accurate conceptual consistency, we discover a certain freshness that is the result of the use of different techniques and media.

A12 Associati is a professional partnership of architects that have been working in the field between art and architecture at an international level for almost 20 years, working at very different scales, with architectural, exhibit design and urban projects, installations, design and graphic design, promoting various cultural and research activities. A12 has been invited to participate to many different art exhibitions and biennials around the world: Barbican Art Gallery in London, Biennial of Athens, Biennial of Bejing, Biennial of Busan in South Korea, Biennial of Istanbul, Biennial of São Paulo, Biennial of Shanghai, Biennial of Venice, CCA of Kitakyushu in Japan, Cittadellarte Fondazione Pistoletto in Biella, Kröller Müller Museum in Otterlo, MAMCO in Genevre, MAXXI in Roma, MNAC in Bucharest, Musée d’Art Moderne de la Ville in Paris, PS1 in New York, Santa Monica Museum of Art in Santa Monica,Triennale of Milano, Villa Manin in Passariano di Codroipo, ZKM in Karlsruhe, ecc. A12 also develops didactic activities at the Politecnico of Milano, at the Domus Academy and at the Naba in Milano. Since 2004, the current group members work together under the title of A12 Associates, based in Milan. At present, A12 Associati members are: Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Massimiliano Marchica.

http://www.lagaleriadecomercio.org/































giovedì 2 settembre 2010

RITORNO AL FUTURO - FLASH ART





A12: Perché l’Africa?

Alessandro Ceresoli: Ho iniziato a guardare l'Africa e l'estetica "Afro", perché mi incuriosiva una vaga forma di origine e analogia con il modernismo, particolarmente riscontrabile in certe decorazioni tribali dipinte su degli scudi di tribù che si trovano tra Kenia e Congo, in essi rivedevo le decorazioni sui tessuti della Bauhaus di Paul Klee, ero incuriosito da questo possibile parallelismo. 

A12: Come sei giunto ad Asmara? Sappiamo che il tuo ultimo progetto ruota attorno a questa città.

AC: Le ricerche che facevo in quel periodo mi hanno successivamente portato a riscoprire Asmara in Eritrea. Mi resi conto che la mia curiosità prendeva forma e senso se associata ad un contesto storico che in qualche modo aveva origine o coincideva con la storia dell'Italia e dunque con la mia storia. Quando ho visto l'immagine della stazione di benzina "Fiat Tagliero" di Giuseppe Pettazzi del 1938, ho deciso che volevo vedere dal vero questo luogo e riscoprirne la storia e i personaggi. A maggio del 2009 sono partito per Asmara dove ho vissuto per sei mesi. Durante il mio soggiorno ho collaborato con una ditta locale realizzando sei oggetti ispirati all’architettura futurista italiana costruita ad Asmara durante il periodo coloniale, una nuova serie di disegni e un video.










A12: Hai accennato alla passione primitivista tipica dell’arte moderna ed al futurismo, hai rilevato qualche particolarità nel travaso culturale tra Eritrea ed Italia? 

AC: Il flusso e riflusso tra primitivismo e modernismo è interessante rivederlo di ritorno in questo continente e guardarlo considerandolo come una materia che ad ogni passaggio muta come potrebbe mutare un organismo autonomo. Nel quotidiano ci sono dei luoghi come certe caffetterie, dove le sale ricordano la genuinità dei vecchi bar della provincia italiana, qui come in Italia, gli anziani eritrei si ritrovano attorno ad un bigliardo o per giocare a carte, l'atmosfera che si respira è la stessa, cambia il contesto.








A12:   L’architettura è protagonista della prima parte del video che hai realizzato ad Asmara, mi intriga la frizione che nasce tra le “astronavi” coloniali, i segni del tempo su questi edifici ed il corpo della città africana.

AC: Nel video "She's the one", (2010) ho voluto dare spazio alla bellezza come vettore di un messaggio, mettere in parallelo due canoni propagandistici, nella prima parte quello di un regime decaduto, attraverso l'architettura e nella seconda parte quella dell'attuale regime, del governo del presidente Isaias Afewerki e l'elezione di Miss Eritrea. Scoprire Asmara giorno dopo giorno, è stato per me un po' come riscoprire una parte dell'Italia ormai scomparsa. Riscoprirla in Africa è qualcosa che oltre al metafisico si avvicina al surreale e malinconico. 

A12: mi pare che il video abbia a che fare con la creazione di un immaginario e con il modo in cui le forme trasformano il proprio significato nel tempo. C’è una foto piuttosto famosa della fine degli anni ‘20 che ritrae un edificio di Le Corbusier alla Weissenhofsiedlung di Stoccarda, in primo piano una giovane signora appoggiata ad un’automobile scoperta: architettura, moda e tecnologia ci appaiono tutte datate, ma la reazione che suscitano in noi non è la stessa. L’architettura, per il semplice fatto di tendere, come manufatto, alla permanenza, parrebbe avere una maggiore forza di attrito nel tempo. 








AC: A proposito delle forme, che mantengono o meno il proprio significato nel tempo mi viene in mente un documentario a cui sono affezionato della serie "Io e…" dove Pier Paolo Pasolini analizza in poche ma precise parole Sabaudia come esempio di un'architettura del regime. Riscopre come quello che era in un certo senso il ridicolo di questo tipo di architettura si è in qualche modo trasformato con il tempo in qualcosa di metafisico e realistico perdendo tutto quello che erano le radici del regime fascista che l'ha ordinata e ritrovandole nell'Italia provinciale, rustica che l'ha costruita e che l'abita. Pasolini chiude questo breve documentario ragionando su come il regime fascista in realtà non sia riuscito a ottenere quella a-culturizazzione e omologazione a cui aspirava surclassato da quello che lui definiva nel 1974, il potere della società dei consumi, ma che oggi potremmo identificare nel potere mediatico, potere che oggi ha distrutto le varie realtà particolari che l'Italia aveva prodotto. L' architettura di regime in Eritrea non fa altro che evocare un Italianità che ambiva all'avanguardia ma si esprimeva con arretratezza.

A12:  Hai poi realizzato una serie di oggetti che stanno in bilico tra un design molto architettonico e la scultura, ma in cui anche la plasticità delle forme è negata almeno in parte dalla scelta di materiali trasparenti e riflettenti e dall'uso delle luci. Da dove nasce e come sei arrivato alla decisione di realizzare questo tipo di oggetti?








AC: Durante i primi due mesi di permanenza in Eritrea ho dedicato molto tempo a conoscere il paese, muovendomi il più possibile, incontrando persone e dimostrandomi propositivo e interessato; questo periodo di adattamento e ricerca mi ha portato a realizzare dei nuovi disegni e scrivere delle lettere illustrate che regolarmente spedivo in Italia. 
Cercavo un contatto reale con le persone che abitano la città, volevo costruirmi una
dimensione che mi illudesse di essere uno che vive ad Asmara,  con questa idea un susseguirsi di coincidenze più o meno cercate mi hanno portato a frequentare i proprietari di una vetreria gestita da una famiglia di eritrei, di cui il padre soprannominato Jumbo, aveva a suo tempo imparato il mestiere da degli italiani durante il periodo coloniale. Il lavorare
con il vetro non è stata una scelta a priori, ma è stata una conseguenza delle mie ricerche e del caso, ho intuito che avrei potuto sperimentare il materiale usando i loro macchinari e le loro capacità artigianali, lavorandoci quotidianamente cercando di realizzare secondo le loro possibilità dei progetti su carta che progressivamente andavo adattando. Ho scelto di iniziare con il proporgli la realizzazione un tavolo, cioè un oggetto riconoscibile, chiaro e di uso comune in modo da coinvolgerli immediatamente in qualcosa d'identificabile.







A12: Gli oggetti che hai realizzato reagiscono in un certo modo allo spazio in cui sono fotografati. Ad Asmara, accostati ad alcuni dettagli come il pavimento in graniglia, il perlinato alle pareti e le tende di velluto, rispecchiano perfettamente quel sapore di modernismo un po' provinciale delle architetture che li hanno ispirati. Vi ritrovo anche molto chiaro quel senso di malinconia di cui parli. Mi chiedo se e quanto questo senso verrà modificato quando li vedremo inseriti in uno spazio diversamente connotato come quello di una galleria milanese o in casa di un collezionista. 

AC:Credo che l'autenticità del valore espressa attraverso gli oggetti andrà oltre il contesto, anche se sarà comunque più piacevole vederli in una dimensione domestica, vorrei vederli usati.

A12: Siamo talmente sopraffatti dai preconcetti che mi sono sorpreso, guardando le foto della vetreria dove ha i lavorato, a notare come il suo aspetto non fosse dissimile da un analogo laboratorio collocato in un qualunque luogo in Italia. Che tipo di esperienza è stato lavorare con gli artigiani africani? Dal punto di vista della qualità del lavoro, ma anche delle relazioni?

AC: Tutti i macchinari del laboratorio sono importati dall'Italia, l'aspetto quindi è quello di una ditta Italiana, poi la logistica è tutto di un altro stile. In Eritrea quando ti invitano a bere un caffè in maniera tradizionale può durare anche tre ore. Ugualmente per il lavoro, i tempi
dove si concretizza sono sempre preceduti da lunghe attese. Non sono precisissimi, tutto è un po' approssimativo, per me va bene perché riporta i miei pezzi ad una dimensione artigianale, i "difetti" presenti rendono gli oggetti unici e lontani da un prodotto industriale.
Diverse soluzioni per realizzare i miei pezzi sono delle invenzioni che loro non avevano mai provato, per esempio prima, non avendo un forno, non avevano mai realizzato delle forme curve, allora gli ho spigato che ciò è possibile anche senza piegare il vetro a caldo, ma accostando perpendicolarmente dei segmenti retti e ruotandone l¹inclinazione progressivamente. Semplice sì, ma per loro è ancora più semplice realizzare solo forme e tagli retti, forse è nascosta in questa logica un idea di modernismo.








A12: I tuoi lavori mi sembrano accomunati, più che da uno "stile" personale visivamente immediato, da una ricerca a volte quasi ossessiva. Dietro alla concezione e/o produzione di ogni oggetto si cela un "processo" che può comportare a volte anche una grande fatica. 
Se sei d'accordo con questa interpretazione, puoi dirci qualcosa di più su questa relazione tre idea iniziale e realizzazione?

AC: È un attitudine ricorrente nei miei lavori l'interesse per "l'atto creativo", per il momento dell'esplorazione, e come quest'indagine coinvolge il soggetto e l'individualità. Ci sono dei tempi che non sono altro che i tempi necessari, la lentezza nella realizzazione di un progetto diviene allora determinazione, volontà. Il percorso della volontà e il segno che questo
percorso lascia, sono tra i miei vettori, dentro questi margini includo il mio immaginario, svelare o rendere leggibile tutto il lavoro che gli dedico,  sarebbe per me un pò come scaricare una dinamo del suo campo magnetico, considero questa negazione, questo limitarne la comunicazione, come un gesto estetico, un "beau geste" che contribuisce a
mantenere l'oggetto in un'aura.








A12: La cosa interessante è che, proprio per il modo in cui a volte il processo viene presentato, non sempre o non tutto il grande lavoro che c'è dietro è immediatamente leggibile. Alla fine, a fronte di una coerenza concettuale piuttosto precisa, assistiamo anche ad una certa "freschezza" che deriva forse dal fatto di utilizzare di volta in volta media e tecniche differenti. Da che cosa nasce questa tua sorta di eclettismo?

 AC: L' eclettismo a cui ti riferisci non nasce dall'esigenza di una sperimentazione tecnica ma più da una instabilità, da una forma di dimenticanza per quello fatto prima per riadattarsi. Attraverso i miei disegni riesco a trovare un equilibrio, una zona di appartenenza, dove
esiste un aspetto allegorico che posso variare e la coscienza di un processo. Il disegnare è diventata la parte centrale del mio metodo operativo, il nucleo attorno al quale sviluppo il mio lavoro sotto diverse forme, quando mi dedico ai miei lavori su carta elaboro delle idee, che poi posso sviluppare anche in modo diverso, più appropriato, considerando ogni
volta dentro quale contesto si sviluppa. Così si è sviluppato anche il progetto ad Asmara.

A12: Ritornando allo specifico del progetto ad Asmara, mi sembrerebbe interessante approfondire le motivazioni che stanno alla base del tuo interesse per l'architettura coloniale italiana. Al pari di tante altre espressioni della cultura italiana legate al fascismo, per ragioni storiche abbastanza evidenti, queste esperienze progettuali sono state per molti anni oggetto di un fenomeno di "rimozione" pur non essendo prive di qualche interesse, mentre ultimamente vengono piano piano riscoperte. È risaputo che, a parte un interesse iniziale per il movimento moderno come manifestazione di avanguardia e rinnovamento, il regime fascista che pure si poneva come movimento "rivoluzionario" si appiattì ben presto, nelle sue scelte estetiche, su posizioni più accademiche, rassicuranti e meglio rispondenti alla celebrazione del mito dell'impero (il famigerato stile littorio di Piacentini & Co.). L'architettura "moderna" fu relegata soprattutto a temi più prettamente funzionali, di cui la stazione di servizio Fiat Tagliero è un perfetto esempio. Hai accennato a ricostruzioni o indagini storiche compiute in loco, di cosa si tratta? Quali sono state, vivendo là, le tue impressioni rispetto all'eredità culturale della dominazione italiana, ammesso che esista? 










AC: Le mie ricerche sulla genesi della zona sono iniziate prima di arrivare ad Asmara. Erano indagini di tipo storico, documentandomi in modo abbastanza preciso sull'evoluzione dell'area, partendo dal Regno Axumita, passando per il periodo coloniale fino alla guerra di indipendenza dall'Etiopia. Questo background costruito prima della mia partenza mi ha permesso poi in loco di essere in qualche modo più credibile, dimostrando così un reale interesse, quando colloquiando cercavo di instaurare dei rapporti d'amicizia e di fiducia con gli eritrei, ciò mi ha permesso di conoscere meglio le persone, e le loro storie che sono in qualche modo tutte relazionate direttamente alla dura guerra contro l¹Etiopia. I più anziani invece, che parlano italiano, raccontano con un po' di nostalgia i ricordi dei nonni che vivevano durante il periodo coloniale, i ricordi positivi sono rivolti verso le strutture costruite attorno alla quale è nato un uno nuovo stato indipendente. Ma gli Eritrei considerano l'Italia un po' come una madre che ha poi abbandonato i figli, specialmente sul mancato supporto in un rischioso contenzioso tuttora aperto con l¹Etiopia a proposito dei confini dopo la guerra d¹indipendenza. Confini che erano stati definiti col trattato di pace di Addis Abeba, dove
si riconosceva l¹indipendenza dell'impero d'Abissina e questo riconobbe la colonia italiana d'Eritrea. Qualcosa di questo è raccontato nelle mie lettere illustrate.








A12: La cosa interessante delle architetture che hanno ispirato il tuo lavoro mi sembra essere il loro manifestarsi come espressione di una posizione di avanguardia del tutto minoritaria rispetto all'architettura di regime, ma che tuttavia, pur da questa posizione, esprimono il tentativo di imporre un'egemonia culturale da parte di un paese invasore su una nazione indigena. Ritieni sia possibile dare un significato "politico" all'operazione artistica che hai compiuto? Hai voglia di parlarcene?

AC: Come sosteneva Indro Montanelli, la storia del fascismo è la storia di Mussolini, l'Italia era una paese nel caos, dalla fine delle prima guerra non c¹erano più stati dei governi capaci di governare, per lo stesso motivo per cui non lo erano ancora i governi prima di Berlusconi,
cioè erano dei governi di coalizioni che non andavano d'accordo, e Mussolini, per usare una terminologia coerente al contesto, "rimise ordine" raccogliendo il consenso di quasi tutta l'Italia. L'attuale situazione e la politica di Berlusconi certo evoca dei ricordi poco simpatici e le congruenze non sono poche, forse semplicemente per vivere in questo periodo le mie suggestioni e il mio lavoro ne sono influenzati, ma nella mia esperienza ad Asmara, se esiste un attitudine politica e solo nel comportamento che ho tenuto per raggiungere un determinato fine. 



ALESSANDRO CERESOLI  / ANDREA BALESTREO per A12
FLASH ART - AGOSTO/SETTEMBRE 2010 - n.256 - pag 52